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Medici in corsia fino a 72 anni, la Sanità al collasso

In corsia fino a 72 anni: una norma ad personam per soli 1000 camici bianchi. È questa la soluzione per risolvere la carenza di personale?

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La montagna ha partorito il topolino, prendo spunto da un detto comune per rendere idea di ciò che sta accadendo con la Sanità pubblica.

Tra le idee del rilancio ci sarebbe l’estensione, su base volontaria, della permanenza in servizio fino all’età di 72 anni.

Ora, non considerando che per poter assistere deve stesso il curante avere resistenza fisica e motivazioni chi intorno alla settantina innegabilmente possono cominciare a scemare; ma peggio ancora fatta la legge trovato l’inganno.

Mi spiego meglio, i dirigenti sanitari over 68 sono attualmente 1250 di cui il 47% sono direttori di unità operative e strutture complesse.

Pertanto, non sono in prima linea nell’attività di emergenza urgenza che è diventato il vulnus più critico della Sanità Italiana.

Dunque, l’idea raccapricciante di poter risolvere il problema così è da farsa gattopardesca tranne che per accontentare qualche “amico” di fregiarsi del titolo fino a 72 anni, dietro comode poltrone.

Ma l’urgenza è altra cosa, i provvedimenti da adottare sarebbero altri, dare più fondi con premialità, più possibilità di ascesa di carriera, riconoscimento di lavoro usurante e depenalizzazione dell’atto medico, miglioramenti delle condizioni degli ambienti di lavoro sarebbero le prime urgenti e necessarie misure da prendere in considerazione per provare a tappare un’emorragia costante di personale nell’area dell’urgenza.

Lo sappiamo, non esistono rivoluzioni (sappiamo quali sono gli esiti), ma esiste la responsabilità della presa in carico di un problema che riguarda la tenuta di uno Stato e l’equilibrio sociale.

La Sanità non può essere uno spot elettorale continuo ma parte integrante della nostra quotidianità.

Intorno al mondo della Sanità orbitano le nostre speranze, le nostre angosce, le nostre vite.

Da anni ci fregiamo di avere la migliore sanità, ove si garantisce uno stato di diritto ove tutti hanno stessa assistenza e diritto di cura.

A pensar male, si fa peccato ma ci si indovina! E se alla base c’è un disegno non dichiarato di voler spingere verso una privatizzazione della Sanità?

Beh, l’esito sarebbe deflagrante perché non abbiamo un tessuto sociale pronto ad una ipotesi del genere, specie se e come sembra passi l’iter parlamentare dell’autonomia differenziata, avremmo nel Meridione una ripercussione socio-assistenziale di qualità mediocre e con poca accessibilità di cure.

D’altronde oltre che lanciare un ostinato grido di dolore, non possiamo che sperare che questo grido venga accolto dalla politica “illuminata”, ecco, a questo punto, meglio terminare qui.

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