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Addà venì baffone

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Mio nonno era un fervente comunista e spesso, quando capitava qualcosa di strano nella vita o in politica, mi diceva “Addà venì baffone”, poi si rinchiudeva in un religioso silenzio e continuava la sua vita di sempre. Erano gli anni 60’, le cose scorrevano con tranquillità e serenità, in un’epoca di boom economico. Casoria era una cittadina di trentamila abitanti e aveva sul suo territorio sessantaquattro industrie: piccole, medie grandi. Tutti i cittadini erano collocati, addirittura provenivano dal circondario e da altre parti della regione e del Sud operai e impiegati in cerca di occupazione. Sono passati quarant’anni e il mondo è cambiato, la società, i costumi e le opinioni. Le grandi ideologie di quell’epoca, i partiti che le rappresentavano, sono tutti scomparsi e solo alcuni nostalgici non si rassegnano a mettere in soffitta il comunismo, il socialismo, il fascismo, insieme alle idee cattolico liberale della DC, i partiti del risorgimento: Liberale e Repubblicano, l’ultimo nato dal dopoguerra, il movimento delle battaglie civili, parlo de i Radicali di Pannella. Parlare oggi di Togliatti, De Gasperi, Pertini, Nenni, Saragat, Ferruccio Parri ma anche Almirante e paragonarli a tutti, indistintamente, i leader attuali sono un’offesa all’intelligenza, a parte il buon gusto. Possibile che in vent’anni ci sia stato questo tracollo etico e morale, che la politica sia diventata una trasmissione fatta di “nomination”, soprattutto che ci si sieda in Parlamento senza essere passati per i Consigli comunali, provinciali, regionali, senza essere stati indirizzati da una scuola di pensiero e soprattutto in assenza esperienze professionali che possano compensare la mancanza di esperienza politica. Parlo di tutti non solo dei cosiddetti “populisti”, da destra a sinistra non si è più eletti, ma trascinati alla Camera o al Senato dal voto sul simbolo non dalla preferenza individuale. La terza Repubblica, quella del cambiamento, diciamo, nasce sotto cattivi auspici. Sembra un campo di battaglia, dove tutti lottano contro tutti, l’avversario del giorno prima, diviene alleato e viceversa. I cambiamenti sono così repentini da scompaginare gli equilibri e le strategie giorno per giorno, se non ora per ora. Oggi l’economista Cottarelli, incaricato di formare un governo di disperazione, lavora parallelamente al giurista Conte che sembra essere diventato un allenatore più che un Presidente del consiglio incaricato. Savona da regista, lo sposto in difesa, terzino sinistro e chi s’è visto s’è visto. Ma non poteremmo adottare il criterio della “Diarchia”, come nella Sparta di Leonida? Due Presidenti del consiglio incaricati di governare, Cottarelli-Conte, C&C, da non confondere con il franchising d’abbigliamento casual. Il governo del cambiamento, quello della disperazione; quello che piace alla gente comune e quello che piace alla Commissione europea. I ministri siederebbero nella stessa scrivania e a secondo dell’occasione si potrebbero alternare nei colloqui, in una sorta di “doppio” del tennis. Ma che peccato abbiamo fatto per meritare tutto questo? Possibile che la serietà sia completamente scomparsa dalla politica e che i suoi interpreti in video o dalle interviste non riescono a garantire un ragionamento o una scelta che duri ventiquattro ore? Parliamo di leader o presunti tali e in questi tre mesi hanno regalato chicche di comicità degne del migliore Totò. Ha cominciato Berlusconi che, prima dona a Salvini lo scettro di leader del centrodestra per le consultazioni con il Presidente Mattarella, all’uscita dal colloquio comincia, nell’imbarazzo totale di Giorgia Meloni, a contare mentre espone i punti salienti del colloquio. Renzi dal canto suo ha raccolto una pletora di fischi e pernacchie alla sua idea, malsana, di sedersi e mangiare popcorn. Tradotto “aspettare i guai del governo cinque stelle-lega per divertirsi”, come al cinema. Castelli e Fico, in ordine, Presidenti di Senato e Camera, passano le forche caudine delle consultazioni e soprattutto di dichiarazioni, tese a comporre e scomporre maggioranze di qualsiasi natura. Si arriva alla stretta finale dell’accorso Di Maio-Salvini, il Governo del cambiamento o gialloverde, non cambia la sostanza. Mattarella dopo aver dissuaso Di Maio nel continuare ad avocare a se la presidenza del Consiglio accetta il giurista Conte quale Primo ministro. Inizia il solito gossip giornalistico sui titoli, le piccole bugie e le mezze verità introdotte nel curriculum dal Capo del governo incaricato; si passa alla fase due, la scelta dei ministri. Domenica 27 maggio il presidente annuncia in diretta tv che ha controllato le proposte di dicasteri e solo quello dell’economia lo respinge, parliamo di Paolo Savona, già ministro del governo Ciampi. Il motivo dell’ostracismo mostrato verso Savona è da ricercare nella sua idea di contrastare le scelte economiche dell’Europa, della rigidità verso i paesi membri a parte evidenziare lo strapotere della Germania. Chiaramente il Prof. Giuseppe Conte rimette il mandato, succede il finimondo. I giornali e le trasmissioni cominciano a evidenziare alcuni retroscena dell’affaire “Savona”, compreso una sua dichiarazione che equipara la Germania della Merkel a quella di Hitler che proponeva la nazione tedesca, volano industriale e tutte quelle occupate, compresa l’Italia alleata, serbatoio agricolo, oggi turistico. Salvini manda a quel paese Matterella ma non aderisce all’idea dell’impeachment di Di Maio verso il Presidente della repubblica. Si alzano subito le trombe europeiste, da Forza Italia, da sempre avverso alla Merkel alla sinistra, passata dall’essere filosovietica a filolussemburghese, cosa dire “magie del pregiudizio”. Il solo PD se la ride perché potrà, come fu con il governo Monti, aprire spazi di trattative co il governo di disperazione di Cottarelli, ultima geniale trovata di Mattarella. Cottarelli che Ha lavorato al Fondo monetario internazionale e soprattutto Commissario del governo Letta per la Spending Revew. Nessuno dichiara la fiducia a Cottarelli che rischia di arrivare alle Camere con un governo che riceverà l’astensione e la sfiducia di tutto il Parlamento, nella migliore delle ipotesi. Intanto Di Maio passa dall’esporre bandiere italiane ai balconi, messe in soffitta dagli italiani, vista la mancata qualificazione al mondiale, alle scuse a Mattarella e la riapertura delle trattative per il governo del cambiamento, nel senso che non si trova pace. Salvini, più pratico, si defila dall’ostracismo contro Mattarella, si dedica alla campagna elettorale per le imminenti elezioni comunali del dieci giugno. Che cosa accadrà adesso? Ci siamo scampati le elezioni a giugno, ma anche a luglio perché Salvini dichiarerà cosa fare domenica tre giugno. Potremmo votare ad Agosto, sui lidi o nei villaggi, le scuole sono chiuse ma c’è una remota speranza di proporre Conte con una trovata geniale, Savona non sarà più ministro dell’economia ma di qualche altro dicastero, come lo sport, su proposta di Luigi Di Maio. Intanto lo spread schizzato a trecento punti ritorna a duecentocinquanta; la Borsa di Milano che aveva perso punti li recupera e noi, fortunatamente o sfortunatamente, continueremo a seguire questa commedia degli equivoci che i grandi autori di teatro: Goldoni; Molière; Pirandello; De Filippo; Dario Fò, mai si sarebbero potuti sognare di scrivere e mai noi italiani di esserne gli attori non protagonisti. Che cosa dire, ritornare all’inizio, aveva ragione mio nonno, il bolscevico; “Addà venì baffone”, per tutti nessuno escluso, comunisti compresi.
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Gianni Bianco, inizia l'impegno politico e ricoprendo diversi incarichi organizzativi ed istituzionali. Socialista di ispirazione riformista, svolge tra alterne vicende i suoi ruoli, puntando in particolare, all'organizzazione del partito intervallato da alcuni sogni. Partecipa infatti alla fondazione del PD napoletano al fianco di Umberto Ranieri nel 2007 ma, qualche anno dopo ritorna al PSI, alla segreteria politica di Casoria. Negli ultimi anni corona un sogno, diventare giornalista. Scrive per le alcuni periodici locali, carta dei e web. Oggi sceglie di guardare ancora una volta il mondo dalla lente di ingrandimento dell'informazione e della cronaca politica. AreaNordnews sarà una nuova sfida, la più seria: far rivivere l'idea di una politica, di un'informazione; di un mondo che guarda a sinistra, dalla prospettiva dell'Area a Nord di Napoli.

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