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I sudditi della Repubblica delle Banane

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Quello che è accaduto durante questi giorni di trattative politiche per la formazione del governo della nazione ha dell’incredibile. Il Presidente Mattarella prima di investire il Commissario alla Spending review Cottarelli ha, con una serie di consultazioni, proposto varie soluzioni. Castelli, la Presidente del Senato con un governo di centrodestra guidato dalla terza carica dello stato; poi è stata la volta di Roberto Fico Presidente della Camera dei deputati per un’alleanza con il Partito Democratico; in seguito si è tentata la carta Di Maio, leader del Movimento cinque stelle per varie soluzioni che a ventaglio hanno riguardato l’esplorazione di tutte le ipotesi possibili, compreso l’appoggio di Forza Italia e del suo leader Silvio Berlusconi che intanto era stato riabilitato dal Tribunale del riesame eliminando la sua incandidabilità. Superata anche questa ipotesi Mattarella, il Presidente della Repubblica Italiana, si è trovato costretto ad affidare ai due leader vincitori delle Elezioni del quattro marzo la possibilità di comporre un esecutivo denominato “gialloverde”. Le solite schermaglie, plausibili per differenti visioni programmatiche, poi la creazione di una commissione bilaterale tra esponenti delle due forze politiche per stilare un “contratto”, modello tedesco, quello firmato dai Cristiano Democratici della Merkel e dai socialdemocratici di Martin Schultze. Tutto è filato liscio come l’olio e la stessa indicazione del Prof. Giuseppe Conte a Primo Ministro ha fatto vincere le diffidenze iniziali. I soliti pettegolezzi e la ricerca del pelo nell’uovo da parte delle “comari della carta stampata e della televisione hanno avviato la stesura di una lista dei ministri. Qualche mugugno da parte delle trasmissioni guidate dai gruppi di potere, “Otto e mezzo” della Gruber; “Di martedì” condotto da Floris; “In mezz’ora” di Lucia Annunziata, insieme con altre di minore spessore hanno cominciato l’opera di erosione del consenso al neonato Governo Conte, ma non hanno fatto i conti con il web e soprattutto la loro storia di vecchi compagni di sinistra, oggi ricchi di sinistra. I giornali, tranne “Il Fatto quotidiano”, tutti schierati contro l’accordo per il “Governo del cambiamento”, così denominato dal duo Salvini-Di Maio. Il Presidente Mattarella, promotore di varie formule governative, qualora saltasse Conte, in ordine: “Governo di scopo”, “Governo istituzionale”; “Governo di transizione”; “Governo di tregua”; “Governo Balneare”; “Governo dei saggi”; “Governo a larga banda”; “Governo a fibra ottica”; “Governo digitale”; niente, non è riuscito a cavare un ragno dal buco.  Intanto Conte insieme a Salvini e Di Maio continua a modulare e modellare l’esecutivo e presentare il programma o contratto in questo caso ma, avviene l’inimmaginabile. A ricoprire il ruolo di ministro dell’economia c’è il nome di Paolo Savona, professore di Economia, già Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato (aprile 1993 – aprile 1994). Persona seria e affidabile, un curriculum vertiginoso sotto l’aspetto dei titoli e delle competenze, perché allora è stato da Mattarella scartata la sua ipotesi di Ministro? Perché l’ex Ministro è stato, come tutti noi, affascinato dalla moneta unica, ma nel tempo questo strumento si è trasformato in un’arma in mano alla Germania per mettere sotto pressione le economie delle nazioni che compongono la Comunità europea e determinare la propria supremazia politica ed economica. Il parallelo con la crisi greca all’indomani dell’elezione di Alexis Tsipras sono lampanti ma non tengono. L’Italia è una nazione ricca, potente a livello industriale, strategica nell’area mediterranea e soprattutto vanta una tradizione sul piano di risorse umane e intellettuali uniche al mondo, a parte un patrimonio culturale che la Germania sogna. La Troika, in pratica “BCE, UE e Fondo monetario internazionale”, storcono il naso alla designazione del prof. Paolo Savona, perché ebbe l’ardire di dire che “l’Euro sta distruggendo la Sanità italiana, l’industria italiana e della piccola e media industria italiana”, in particolare l’esempio dell’idea, in un suo intervento della “Grande Germania hitleriana in cui la Germania doveva detenere l’industria e tutte le nazioni sottomesse o alleate, come l’Italia all’epoca, badare ad Agricoltura, artigianato e turismo”, questo durante il nazismo. Se si giudicano le politiche tedesche oggi, si distaccano da questa idea? Credo di no. Alle armi si sostituiscono strategie finanziarie, il gioco è lo stesso “espansionismo”. Basti pensare che il famigerato “Spread” sia un differenziale rispetto ai titoli tedeschi decennali.  Che cosa accade intanto in Borsa? Si scatenano le Agenzie di rating Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch, lo spread vola a 220 minacciando l’Italia di default, l’informazione passa al terrorismo psicologico già visto in passato.  E tutto questo per l’indicazione di un ministro che ha osato criticare non l’istituzione europea, la moneta stessa ma il rapporto d’ingerenza della Germania negli affari nazionali? La lezione che è arrivata dalla Gran Bretagna con la Brexit che denunciava le stesse cose non è servita. Il Presidente della Repubblica, appellandosi agli articoli novantuno e novantadue dice “no” a Savona, senza spiegarne realmente i motivi che sono di opinione non di merito. La Lega e il M5s non ci stanno, ne cadono nella trappola di un’altra indicazione come quella di Giorgetti, braccio destro di Salvini e salta tutto. Giuseppe Conte non sarà Presidente del Consiglio, dopo due ore dall’annuncio Mattarella indica Carlo Cottarelli nel novembre 2013 nominato dal Governo Letta Commissario straordinario per la Revisione della spesa pubblica la famigerata Spending review, quella formula che ha tagliato la spesa Sanitaria, del walfare, del lavoro, della piccola e media impresa, lasciando inalterati gli stipendi faraonici, gli interessi loschi delle banche, le opere pubbliche inutili e dannose, i privilegi della casta e con esse tutto il bubbone delle partecipate, gli sprechi della pubblica amministrazione e un occhio chiuso ad evasione, elusione fiscale. Mr. Forbici, così definito Cottarelli dai più, ebbe però la faccia tosta di dire che “Berlino sta facendo una politica di bilancio pubblico troppo restrittiva nonostante abbia un debito basso. Se la facesse più espansiva aiuterebbe il resto dell’Europa”. Che cosa ha detto di diverso dal prof. Savona, qualcuno potrebbe spiegarmelo? Ah ma non dimentichiamo però che Cottarelli proviene dal Fondo Monetario Internazionale una garanzia per banchieri, politici, giocatori di borse e tutto quel mondo variegato che è capace di salvare una serie di corrotti che ha affondato Il Monte dei Paschi di Siena e spesso non un uomo, disoccupato o industriale che fosse, dal suicidio perché vessato dal fisco e dai debiti. Andremo a rivotare a settembre o nella peggiore ipotesi agli inizi del 2019, ma sarà di nuovo Berlino a decidere il nostro governo, i ministri, le politiche e forse anche il nostro futuro? Gli Italiani, da sempre definiti un popolo di santi, poeti e navigatori da oggi non saranno più cittadini di una Repubblica parlamentare ma sudditi di una Repubblica delle banane.

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