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Giovanni Allevi a Sanremo 2024: «Con la malattia mi è crollato tutto, ma non ho perso la speranza»

Il toccante discorso di Giovanni Allevi a Sanremo 2024.Il pianista e compositore ha parlato della malattia e della bellezza dell’esistenza. Poi ha suonato “Tomorrow” dal vivo dopo due anni di assenza dai palchi.

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Italian music composer Giovanni Allevi on stage at the Ariston theatre during the 74th Sanremo Italian Song Festival in Sanremo, Italy, 07 February 2024. The music festival runs from 06 to 10 February 2024. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

“All’improvviso mi è crollato tutto. Non suono più il pianoforte davanti ad un pubblico da quasi due anni. Nel mio ultimo concerto, alla Konzerthaus di Vienna, il dolore alla schiena era talmente forte che sull’applauso finale non riuscivo ad alzarmi dallo sgabello e non sapevo ancora di essere malato. Poi è arrivata la diagnosi, pesantissima, ho guardato il soffitto con la sensazione di avere la febbre a 39 per un anno consecutivo”, così è iniziato il raccontato commosso e commovente del pianista e compositore Giovanni Allevi.

“Ho perso molto, il mio lavoro, i miei capelli, le mie certezze, ma non la speranza e la voglia di immaginare. Era come se il dolore mi porgesse degli inaspettati doni. Quali? Vi faccio un esempio. Non molto tempo fa, durante un concerto ho notato una poltrona vuota e mi sono sentito mancare. Eppure, per molto tempo agli inizi ho fatto concerti davanti a 15 persone ed ero felicissimo. Oggi dopo la malattia, non so cosa darei per suonare davanti a 15 persone. I numeri non contano, perché ogni individuo, ognuno di noi, ognuno di voi, è unico, irripetibile e a suo modo infinito”.

“Un altro dono, la gratitudine per la bellezza del Creato. Non si contano le albe e i tramonti che ho ammirato da quelle stanze di ospedale: il rosso dell’alba è diverso dal rosso del tramonto e se ci sono le nuvolette intorno è ancora più bello. Un altro dono, la gratitudine e la riconoscenza per i medici, gli infermieri di tutto il personale ospedaliero, per la ricerca scientifica senza la quale non sarei qui a parlarvi, per il sostegno che ricevo dalla mia famiglia, per la forza e l’esempio che ricevo dagli altri pazienti. I guerrieri, così li chiamo. Magari cerchiamo un altro termine, ma non mi viene in mente niente. Ma lo sono anche i loro familiari e i loro genitori, i genitori dei piccoli guerrieri”, dice ancora.

E poi l’ultimo dono: “Quando tutto crolla e resta in piedi solo l’essenziale, il giudizio che riceviamo dall’esterno non conta più. Cosa sarà mai un giudizio dall’esterno? Io sono quel che sono, noi siamo quel che siamo”, poi si toglie il cappello e lascia respirare la sua folta chioma riccia, ormai imbiancata. “Voglio accettare il nuovo Giovanni”.

Prima di salutare, il suo di dono al pubblico, che gli ha tributato una lunga standing ovation: “Per dare forza a tutti, suonerò. Ma attenzione: ho due vertebre fratturate, e tremore e formicolio alle dita. Non potendo più contare sul mio corpo suonerò con tutta l’anima”. Il brano scelto è Tomorrow “perché domani ci sia sempre ad attenderci un giorno più bello”.

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