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Sanità, ennesima aggressione al personale sanitario

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Basta violenze al personale sanitario.

Ennesimo atto di violenza, ingiustificato, condannabile, deplorevole.

Purtroppo ogni volta raccontiamo di episodi di violenza ai danni di medici e personale sanitario ogni volta in maniera beffarda speriamo sia l’ultima, salvo poi ritrovarci  a dover contare tale episodio come un semplice numero progressivo di un’escalation che non sembra vedere la fine.

Non considerando l’aggressione al personale sanitario, quale fruitore di diritto di cura, l’aggressione in quanto tale è condannabile perché fatto da un individuo ad un altro.

Chi è colui che si arroga il diritto di aggredire fisicamente e moralmente l’altro?

Ricordo che la violenza fisica lascia segni visibili, evidenti, mostrabili; quella morale anche se non mostra segni visibili lascia ferite interiori difficili da cicatrizzarsi, cristallizza le persone nelle sue paure, nelle sue angosce.

Un medico, pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni quando assolve al suo compito, è la figura cha rappresenta le istituzioni, rappresenta l’aspettativa di assistenza ed ove possibile di cura dell’utenza che riceve. Allora perché generare violenze?

I motivi sono molteplici. In primis l’esasperazione delle lunghe attese e code nei pronto soccorso. Beh, in questo gli operatori stessi sono vittime e non carnefici di quel caos, mortificati da una parte dall’impalpabilità delle istituzioni a creare percorsi atti a migliorare le condizioni lavorative e del  sovraffollamento e dall’altra subiscono la pressione, non sempre nei limiti comportamentali dell’utenza.

 Cosa può un medico, un infermiere un operatore socio sanitario, se non tuffarsi a capofitto tra mille, difficoltà anche di spazi fisici per assolvere al proprio compito?

Altra motivazione è la mancanza di filtro da parte del territorio, quante volte anche per patologie non urgenti si corre in ospedale? Tante, troppe. Anche il territorio deve essere dotato dei presidi necessari per dare risposte concrete.

E’ sconcertante a volte carpire dalle espressioni delle persone diffidenza come quasi ad immaginare volontarietà nel recare danno altrui, come si può solo immaginare tale ipotesi? Siamo medici, non criminali.

 Gli enti ospedalieri, dovrebbero a mio avviso, costituirsi parte civile in caso di contenziosi di violenze, si dovrebbe dare esecutività alla legge del 2020 abbandonata in un cassetto di qualche scrivania capitolina, sulla procedibilità di ufficio nei confronti dell’aggressore.

Provo a fare una provocazione forte, se si facesse come negli stadi? Fare una specie di Daspo ove l’aggressore non può più aver diritto di cura in quell’ente di cura (studio, asl, ospedale) ove ha causato danni a strutture e recato violenze a persone?

Mala tempora currunt, che si ponga rimedio prima che sarà troppo tardi. Con la carenza di personale e la fuga dal sistema pubblico, generata anche da questa cappa di violenze, tra poco il violento si picchierà da solo non trovando più nessuno con cui prendersela.

Il problema però è più ampio, la Sanità, come la Giustizia, la Scuola sono i capisaldi della società civile.

Il nodo è il problema educativo è creare una educazione civica sentita a partire dall’età dell’infanzia, di ritarare la bilancia dei diritti e dei doveri che ciascun cittadino deve avere come Zenith della sua dignità comportamentale.

Viviamo, specie a queste latitudini in una realtà sociale davvero complicata, ove regna maggiormente il concetto di sopruso, prepotenza, ove passa il concetto che solo la violenza genera effetti di beneficio dei propri diritti.

Ormai la società si fonda sulla diffidenza dell’altro, è molto limitato il concetto di cooperazione, sussidiarietà, di condivisione di mutua assistenza.

La società in questo si sta incattivendo giorno dopo giorno, esito anche della esasperazione dei disservizi e della farraginosità dei percorsi e della lentezza delle risposte che porta a frustrazione ed impotenza.

È tempo di curare questi mali. ORA

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