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Il longus annus della sinistra

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Le trasformazioni del quadro politico italiano nel 2017 sono state enormi. Un longus annus iniziato all’indomani del referendum costituzionale, quando l’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi e la sua visione del “sistema Italia” furono sconfitti nelle urne. Quel referendum, e le contestuali dimissioni di Renzi da premier prima e da segretario del PD poi, hanno innescato processi di scomposizione e ricomposizione del centrosinistra e della sinistra che sono ancora in corso e che con ogni probabilità non termineranno prima dell’inizio della campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento. L’evento che è stato più significativo, sia sul piano simbolico sia sul piano consensuale, è la scissione che nel marzo scorso ha lacerato il Partito Democratico: prima che iniziassero la fase congressuale e le primarie per la segreteria nazionale, l’ala sinistra del partito, preso atto dell’impossibilità sostanziale di proseguire un percorso di battaglia interna, dopo aver peraltro sostenuto una posizione referendaria opposta a quella della maggioranza, ha fondato insieme a una componente di Sinistra Italiana un nuovo soggetto politico, il Movimento dei Democratici e Progressisti, diventato successivamente Articolo 1 Mdp, con un suggestivo e incoraggiante richiamo alla Costituzione e ai suoi principi fondamentali. Questa nuova forza politica si è proposta da subito come alternativa alla stagione incarnata da Renzi e ha rappresentato nei mesi successivi un punto d’approdo per quanti, nel nostro paese, intendessero recuperare le tradizionali coordinate della sinistra: lavoro, giustizia sociale, ambiente, diritti, democrazia. Parole d’ordine che il Partito Democratico, all’indomani del fallimento di ItaliaBeneComune, aveva totalmente smarrito. Questa è d’altro canto l’essenza e allo stesso tempo la forza attrattiva di Articolo 1: non è solo un’ancora per gli scissionisti e i fuoriusciti di diversi soggetti politici, bensì un contenitore nuovo, libero, spontaneo, di stampo socialdemocratico, non privo di errori e contraddizioni, ma sicuramente aperto a ogni discussione e a ogni confronto, in cui chi la pensa diversamente non viene mortificato quotidianamente dalle parole e dalle decisioni di una maggioranza imperante e autoritaria. Non un partito che intenda parlare solo agli ultimi, ma un partito che non vuole parlare a tutti meno che agli ultimi.

E parallelamente alla crescita e alla diffusione di Articolo 1, la galassia composta da tutte le forze politiche a sinistra del PD ha cercato nuovi equilibri e si è dotata di nuovi obiettivi, complici le ultime elezioni, le amministrative di giugno e le regionali in Sicilia, e la promulgazione della nuova legge elettorale per Camera e Senato: mesi complicati di trattative, incontri, manifestazioni, passi avanti, ripensamenti, sconfessioni, tentativi di recupero, intercessioni.  Il PD e i suoi alleati, con grande affanno e scarsa  convinzione, cercano di comporre una coalizione a due, forse tre gambe, in cui però la forza centripeta del partito più  forte rischia di schiacciare senza appello le liste civetta apparentate; mentre invece domenica scorsa, a Roma, a un anno esatto da quel referendum che ha cambiato tutto, dall’unione di Articolo 1, Sinistra Italiana, Possibile e altre forze del civismo e dell’associazionismo, è nato Liberi e Uguali, il nuovo soggetto politico che avrà l’arduo compito di rappresentare la sinistra del nostro paese e che si presenterà alle elezioni senza tentennamenti, con un profilo e un programma chiari, e una guida autorevole e genuina: Pietro Grasso. Il rischio dietro l’angolo, da evitare assolutamente, è che l’operazione sia tristemente finalizzata al solo scopo elettorale. È invece indispensabile una sinergia di uomini e idee, per restituire alla penisola e al vastissimo mondo di cittadini rifugiati nell’astensionismo un nuovo punto di riferimento: un partito del lavoro, che metta al primo posto i disoccupati e i lavoratori senza tutele, cioè chi non ce l’ha ancora fatta, e che si rivolga anche al mondo delle imprese e dei professionisti che nell’epoca della crisi hanno trovato nuovi modi e nuove forme per eccellere,  e quindi a chi ce l’ha fatta e può e deve fare la sua parte per il progresso della nostra società. In parole povere, intercettare il cambiamento senza dimenticare nessuno.

Da questo punto di vista Grasso è una garanzia: non è usurato, non incarna una visione politica e culturale ben precisa, ma ha molto tempo avanti per diventare il rappresentante di una proposta di cambiamento e di governo, potendo peraltro contare su un curriculum che lo configura come specchiato uomo delle istituzioni. E poi il succo di ciò che rappresenta lo ha espresso lui stesso, a Napoli, due mesi fa, durante la prima festa nazionale di Articolo 1: è un ragazzo di sinistra.

1 commento

  1. Al di la dell’operazione di maquilage, che certamente ha la sua validità, preferisco, che la situazione sia portata al termine, in modo da avere il soggetto politico definito nella struttura e negli organigrammi, poiché riscontro e rilevo un vuoto un abisso fra platea e soggetti oggi chiamati a condurre danze senza, che le regole siano state definite, alle quali dare osservanza e concretezza e possibilità ai soggetti provenienti dalla scissione del PD o azzeramento dei partiti di sinistra tradizionale unitamente a tanti soggetti sotto forma di movimenti o associazione o proveniente dalla società civile che pur di diversa provenienza hanno fatto sentire il loro dissenso al processo di destabilizzazione in corso fortunatamente respinto dal voto ultimo referendario. Per la parte che mi compete i Riformisti ed intendo una platea ampia non può restare fuori dal processo in corso sia in termini di lotta, che di rappresentanza. Spero, che Grasso sia faccia portatore delle istanze che vengono da mondi diversi per culture ed idee, ma accomunate dal desiderio di riscatto e di portare avanti le istanze espresse dagli italiani e di uscire dall’empasse, in cui siamo stati relegati da una politica miopa ed avvitata su sé, basta vedere la ratio della legge elettorale approvata, negando ai cittadini perfino di votare i propri rappresentanti di partecipare a pieno titolo senza alcuna preclusione o dettato da calcolo di pura convenienza politica. CIRO MEROLLA

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